Educazione digitale senza passato: quando gli adulti non hanno ricevuto mappe da trasmettere
Nel nostro tempo, segnato da una trasformazione tecnologica continua e accelerata, l’educazione digitale non è più una scelta opzionale: è una necessità. Ma affrontarla con consapevolezza significa riconoscere, prima di tutto, che ci troviamo in un territorio nuovo. Un territorio senza mappe.
Chi oggi ha il compito di educare — in famiglia, a scuola, nei contesti formativi — si muove in uno scenario radicalmente diverso da quello in cui è cresciuto. Le generazioni adulte non hanno avuto modelli educativi digitali: sono cresciute in un mondo analogico in cui lo spazio della relazione, dell’apprendimento e della crescita si sviluppava altrove. Non si è costruito un patrimonio educativo su cui fare affidamento perciò ci si muove a tentoni, spesso senza coordinate. Il risultato è un senso diffuso di spaesamento e, a volte, persino una sottile paura di “sbagliare” che può portare a chiudere opportunità per capire.
È questo l’insight alla base del cortometraggio di WINDTRE in onda in questo periodo sulle reti Mediaset che promuove il progetto di educazione digitale NeoConnessi.
Le tecnologie si evolvono a una velocità superiore a quella della nostra capacità di comprenderle, analizzarle, integrarle in modo critico. Cambiano gli strumenti, i linguaggi, le dinamiche. Cambia la forma della comunicazione, del sapere, del tempo. E l’educazione — che per natura richiede profondità, gradualità e riflessione — fatica a tenere il passo.
A questo si aggiunge un paradosso sempre più evidente: bambini e adolescenti utilizzano con naturalezza i dispositivi digitali, mostrando una disinvoltura che spesso incanta gli adulti. Ma questa abilità tecnica non va confusa con una competenza reale. Troppo spesso gli adulti leggono queste abilità come segnali di autonomia con l’illusione che quella disinvoltura equivalga a sapere. È un fraintendimento rischioso, che porta spesso a delegare al caso — o al tempo — ciò che invece dovrebbe essere accompagnato e guidato, cioè la reale comprensione di ciò che accade “dietro” lo schermo: è sempre più urgente riconoscere la fondamentale importanza di sviluppare la consapevolezza delle logiche degli algoritmi, la capacità critica nel selezionare le informazioni, la coscienza dei rischi legati alla privacy o all’esposizione online o ancora alla comunicazione interpersonale in rete.
Anche a scuola, nonostante le molte iniziative dedicate, l’educazione al digitale resta ancora troppo di frequente relegata a progetti una tantum, affidata alla sensibilità di singoli docenti, o identificata con l’introduzione di strumenti tecnologici nelle attività quotidiane. L’educazione digitale è certamente entrata nel curricolo scolastico, ma non ha ancora trasformato la pedagogia. Non si è ancora evoluta in cultura educativa.
Un’ulteriore difficoltà di fondo risiede nel fatto che il nostro paradigma educativo è ancora basato sulla trasmissione di certezze. Ma nel mondo digitale le certezze durano poco. Il contesto cambia, si evolve, si trasforma con una rapidità che mette in crisi le logiche educative tradizionali. Serve un nuovo patto, fondato non più sulla trasmissione verticale del sapere, ma sulla costruzione condivisa di senso. Non più “ti spiego cosa è giusto”, ma “cerchiamo insieme di capire come stare in questo mondo”.
Educare al digitale, insomma, non significa semplicemente “stare al passo con i tempi”: si rischia di rincorrere il cambiamento senza mai riuscire a governarlo. Significa, invece, fare un passo dentro il presente, con consapevolezza. Significa non lasciare i più giovani soli in un ambiente affascinante ma complesso, che richiede guida, accompagnamento, ascolto. Significa, soprattutto, che anche noi adulti dobbiamo imparare: non a usare uno strumento, ma a viverlo con responsabilità educativa.
È tempo di costruire quelle mappe educative che oggi ancora mancano. Mappe che non si comprano né si scaricano, ma si disegnano insieme. Con coraggio, con nuova consapevolezza e con la volontà, condivisa tra scuola e famiglia, di educare in un mondo che cambia. E che, proprio per questo, ha bisogno più che mai di senso.
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