Violenza contro le donne: affrontiamola a scuola

18 novembre 2024 2 minuti
SPECIALE EDUCAZIONE AFFETTIVA

Il 23 settembre è iniziato il processo a Filippo Turetta, 22 anni, reo confesso dell’omicidio della sua ex ragazza e coetanea Giulia Cecchettin, ‘colpevole’ – secondo Turetta - di non voler più avere una relazione sentimentale con lui.

L’assassinio, avvenuto l’11 novembre 2023, ha avuto una fortissima eco mediatica anche per la forza con cui Gino ed Elena Cecchettin, padre e sorella di Giulia, hanno voluto che la morte della ragazza diventasse un’occasione per parlare della violenza sulle donne e per agire contro questo fenomeno che provoca ogni anno più di cento vittime in Italia. I dati aggiornati all’8 novembre rilevati dall’Osservatorio del movimento Non Una di Meno indicano che dall’inizio del 2024 ci sono stati 87 casi accertati di femminicidio: quasi 9 casi al mese, uno ogni tre giorni. Di questo passo supereremo i cento casi anche nel 2024: il 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, resterà ancora una volta la celebrazione del nulla di fatto.


L’iceberg della violenza

I femminicidi, peraltro, sono solo la punta dell’iceberg della violenza di genere. I fenomeni riconducibili a questo tipo di violenza sono molti, infatti. Tra questi ci sono:

  • una parte visibile che comprende le minacce verbali, le molestie, lo stupro, l’omicidio;
  • una parte invisibile che va dal linguaggio sessista (diffuso anche nei media) al ricatto emotivo, alla colpevolizzazione, fino allo svilimento della donna.

Sono tutte manifestazioni di una cultura patriarcale che ritiene normale la disparità di genere e che purtroppo si mantiene costante, se non addirittura in peggioramento: in risposta ai movimenti femministi, si sta affermando in tutta Europa quello del ‘mascolinismo’, che vuole difendere i diritti dei maschi ‘messi in pericolo’ dalle rivendicazioni delle donne.
 

Troppi giovani hanno le idee confuse

In questo senso sono preoccupanti i risultati emersi dalla Survey TEEN 2024, un’indagine condotta da Fondazione Libellula su un campione di 1.592 giovani tra i 14 e i 19 anni che rivela una sorprendente mancanza di consapevolezza riguardo al concetto di abuso.

Un dato per tutti: il 20% degli adolescenti intervistati non riconosce gli abusi nelle relazioni, confondendo amore e controllo, rispetto e possesso. È evidente quanto sia importante lavorare per promuovere valori diversi, che siano alla base di un cambiamento culturale strutturale.
 

A scuola

La scuola è il luogo privilegiato per creare consapevolezza sulla violenza di genere e per fornire a studenti e studentesse gli strumenti per riconoscerla e contrastarla. Come?

  • Introdurre l’argomento in modo inclusivo. Affrontiamo il tema in classe con delicatezza, creando un ambiente di ascolto rispettoso, evitando di colpevolizzare o creare divisioni, puntando invece sulla costruzione di empatia e comprensione.
  • Coinvolgere esperti e organizzazioni. Portiamo in aula psicologi, educatori, rappresentanti di associazioni che si occupano di violenza di genere perché forniscano a studenti e studentesse  informazioni approfondite e verificate
  • Educazione digitale. La violenza di genere si manifesta anche online, con episodi di cyberbullismo, revenge porn e altri comportamenti lesivi. È essenziale insegnare a ragazze e ragazzi come navigare sul web in modo sicuro e rispettoso.
  • Promuovere la parità e il rispetto con approccio interdisciplinare. Materie come storia, letteratura e scienze sociali si prestano molto bene a stimolare riflessioni critiche sugli stereotipi di genere e sul loro superamento. Possiamo educare alla parità in ottica interdisciplinare, educando al contempo al rispetto e alle materie di studio. 
     

Un aiuto dall’attualità

Anche usare casi reali, articoli di giornale o storie simulate aiuta a rendere più tangibile l’argomento; ovviamente bisognerà adottare le modalità adatte all’età di studentesse e studenti. I fatti concreti mostrano le dinamiche della violenza di genere, i suoi effetti e le possibili risposte da parte della società.

Il caso di Gisèle Pelicot, per esempio, la donna francese che il marito Dominique Pelicot ha fatto stuprare da 51 uomini conosciuti su Internet, può insegnare una verità ancora difficile da fare propria, eppure fondamentale: la vergogna non deve essere di chi subisce violenza, ma di chi la pratica. Bisogna denunciare, a testa alta. Anche questo alla lunga servirà a rendere la giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne una celebrazione di risultati concreti e non solo di un impegno velleitario.
 

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