Stereotipi di genere a scuola, ma dove non te li aspetti

19 maggio 2025 2 minuti
SPECIALE EDUCAZIONE AFFETTIVA

Durante l’intervallo spesso si gioca a calcio. Al centro della scena, c’è chi corre, calcia, segna: maschi. Ai margini, c’è chi guarda, chiacchiera, passeggia: femmine. In quella disposizione quotidiana si riflette una delle più radicate forme di differenziazione di genere che si sviluppano tra i banchi di scuola: l’uso dello spazio e del corpo.


L’ora di ginnastica, la ricreazione e la mensa

Nelle attività ricreative, nelle ore di educazione fisica, in mensa, emergono stereotipi che raramente affrontiamo come oggetto pedagogico. Dai maschi ci si aspetta che siano attivi, competitivi, dinamici. Le femmine, invece, si trovano spesso relegate a ruoli di supporto. Non per incapacità o mancanza di interesse, ma per una costruzione collettiva di ruoli che si autoalimenta. Durante le lezioni di ginnastica, per esempio, gli stereotipi si possono manifestare attraverso:

 

  • aspettative differenziate in base al genere;
  • divisione tra sport "da maschi" e sport "da femmine";
  • linguaggio inadeguato ("corri come una femminuccia")

Anche nei momenti informali possiamo osservare dinamiche stereotipate:

 

  • durante la ricreazione, i ragazzi tendono a occupare gli spazi centrali per giochi dinamici, mentre le ragazze sono relegate o si posizionano ai margini;
  • si formano gruppi separati per genere che raramente interagiscono;
  • in mensa, la separazione si riproduce nella disposizione a tavola e nei comportamenti alimentari.

 

Scuola come spazio di cambiamento

La scuola invece può e deve essere un luogo di cambiamento. Non tanto attraverso l’imposizione di regole nuove, ma con l’apertura di spazi di consapevolezza. Come insegnanti, in particolare di educazione fisica ma non solo, dobbiamo interrogarci su dinamiche ricorrenti: chi prende parola quando si forma una squadra? Chi viene scelto? Chi resta fuori? 
Ripensare l’attività sportiva e ricreativa in un’ottica di genere significa promuovere una partecipazione equa, libera e plurale. Non si tratta di obbligare le ragazze a giocare a calcio, ma di creare contesti in cui ogni studente e studentessa possa sperimentare il piacere del movimento, della relazione, della sfida, senza dover corrispondere a un modello predefinito.


Che fare, in pratica

Ecco alcune strategie che noi docenti possiamo adottare:

 

  • diversifichiamo i giochi: alterniamo attività competitive e cooperative, individuali e di gruppo, fisiche e strategiche, in modo che tutte e tutti possano trovare una modalità di partecipazione che valorizzi le loro inclinazioni;
  • ruotiamo i ruoli: cerchiamo di dare spazio a chi solitamente non lo prende. Chi fa l’arbitro, chi coordina, chi propone varianti al gioco: sono ruoli che possono e devono essere assunti a rotazione da tutte e tutti;
  • rendiamo visibili le dinamiche: coinvolgiamo la classe in momenti di riflessione post-gioco per chiedere “Come ti sei sentito o sentita?”, “Che cosa ti è piaciuto o meno?”, “Che cosa potremmo cambiare?”;
  • recuperiamo giochi tradizionali, spesso più inclusivi e capaci di valorizzare competenze diverse dalla pura prestazione fisica. Per esempio? Palla prigioniera, tiro alla fune, il frisbee, le freccette o le bocce a squadre…

 

Il tempo libero come tempo educativo

Insegniamo a condividere lo spazio, a rispettare le scelte e le inclinazioni altrui. Parlare di genere non significa solo discutere di stereotipi nei libri o nelle scelte di studio, ma anche osservare ciò che avviene ogni giorno, nei gesti più comuni.