La pedagogia relazionale di Loris Malaguzzi

21 maggio 2021 4 minuti
DIDATTICA INNOVATIVA

"La pedagogia relazionale di Loris Malaguzzi" è il titolo di un libro pubblicato per la prima volta nel 2014, scritto dall'autrice Paola Vittoria Pignataro, che raccoglie l'eredità scientifica del grande pedagogista emiliano che ha cambiato l'idea stessa di intelligenza infantile

 

Chi era Loris Malaguzzi?

Nato nel 1920 e deceduto nel 1994, è stato un insegnante e studioso di pedagogia, disciplina nella quale si è laureato presso l'Università di Urbino. Per tutta la vita dimostrò una spiccata sensibilità nei confronti dei bambini, soprattutto quelli con disagi. A dispetto di un'iniziale reticenza nei confronti del corso di studi superiore, ha maturato un grande interesse verso le tematiche inerenti all'educazione. Da adolescente, infatti, si era iscritto all'istituto magistrale più per volontà paterna che per desiderio di diventare titolare di una cattedra.

Fin da giovanissimo, quindi, è entrato nel mondo della scuola offrendo un apporto significativo (e, per certi versi, rivoluzionario) al settore; ma attenzione: l'opera malaguzziana non è di tipo teorico. Piuttosto, nasce da una profonda conoscenza unita all'esperienza maturata sul campo, fatta di osservazioni e pratica, in un universo eterogeneo e complesso.

Dopo la laurea si è occupato soprattutto di bambini disabili e in condizioni economiche precarie. L'iniziativa di aprire una scuola laica nella periferia di Reggio Emilia nel 1945 ha favorito la diffusione di istituti autogestiti nella zona.

La partecipazione ad un corso di Psicologia nel 1950 gli ha offerto l'opportunità di collaborare con il Comune, sempre nei suoi ambiti di competenza. E negli Anni Sessanta sviluppò una vera e propria rete itinerante di servizi educativi, che prevedeva mostre all'aperto e lezioni una volta a settimana (i cosiddetti "atelier").

Ha acquisito la carica di direttore presso l'istituto Robinson Crusoe nel 1963, fondato nello stesso anno: è la prima scuola pubblica costituita con il denaro del Comune di Reggio Emilia. Tra le altre date ricordiamo il 1971, quando venne istituito il primo nido per l'accoglienza di bambini dai 3 mesi ai 3 anni e il 1980, anno di fondazione del "Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia".

Il 1991 è il periodo in cui il "Newsweek" ha parlato dell'asilo "Diana" all'interno dei giardini pubblici del capoluogo, definendolo come la scuola più all'avanguardia al mondo.

 

Pedagogia relazionale: in che cosa consiste?

La scuola non è soltanto un luogo di apprendimento di nozioni, ma anche e soprattutto un'opportunità per scoprire se stessi, sia per gli adulti sia per i bambini. Come lo stesso educatore amava ricordare, l'ambiente ideale per sviluppare le proprie potenzialità assomiglia a un laboratorio o a un cantiere.

Desiderio di apprendere e una certa trepidazione (o "nostalgia", come definita da lui) verso il futuro sono insiti in ogni essere umano e parti integranti della sua dignità. Per Malaguzzi, infatti, fin da piccoli siamo in grado di costruire la nostra intelligenza: il compito degli adulti (insegnanti in particolare) è quello di:

  • ascoltare
  • permettere la scelta delle attività giuste
  • inserirle nei contesti più adeguati 
  • promuovere la conoscenza interagendo con gli altri, l'ambiente e le cose
  • intervallare l'apprendimento vero e proprio con fasi che preparano alle acquisizioni successive.

L'approccio, quindi, mette in primo piano il ruolo attivo del bambino ma, pur partendo da una base comune (ossia voler imparare ed essere proiettati nel futuro), Malaguzzi non smette mai di evidenziare l'unicità di ciascun individuo. Quest'ultima, poi, trova la sua massima valorizzazione nei progetti di gruppo.

 

Metodo e approccio, stesso significato o concetti in antitesi?

Nel linguaggio comune i due termini sono utilizzati spesso come sinonimi; ma per addentrarvi nel modus operandi dell'insegnante emiliano dovete coglierne le sfumature. Confronteremo, quindi, l'ottica di Loris Malaguzzi con il pensiero di un'altra pietra miliare della pedagogia novecentesca: Maria Montessori.

L'educatrice marchigiana aveva elaborato un metodo, conosciuto come "Metodo Montessoriano". Questo partiva dal presupposto che esiste un'unica strada per conseguire un risultato, percorribile in tutti i casi possibili. Una conclusione squisitamente scientifica e coerente con la formazione della sua ideatrice, laureata in Medicina e specializzata in neuro-psichiatria.

La prassi malaguzziana, invece, è fondata sull'approccio definito da lui stesso "Reggio Emilia Approach": esso ammette più vie percorribili per il raggiungimento dell'obiettivo prefissato e diverse variabili. Queste ultime dipendono dalla situazione di partenza, dal soggetto e da eventuali novità in itinere.

Ad ogni modo, le due pratiche hanno un aspetto in comune: senza un'approfondita conoscenza della psicologia infantile, non può esservi un percorso educativo efficace. In entrambi i casi, solo un contatto volto alla relazione ed una ferma fiducia nelle potenzialità del bambino possono portare alla meta.

 

La finalità dell'educazione secondo Malaguzzi

Il bambino porta con sé un bagaglio di saperi e valori, ma bisogna farli emergere e mettere in risalto dando valore alla progettualità. L'insegnamento passa in secondo piano e lascia il posto d'onore all'apprendimento, sul quale i maestri hanno il delicato compito di spostare il focus.

Le condizioni ideali per raggiungere gli obiettivi educativi sono:

  • avere contatti costanti con i genitori, per un confronto costruttivo
  • permettere ai bambini di lavorare in piccoli gruppi
  • organizzare squadre affiatate di insegnanti
  • osservare periodicamente e documentare i passi fatti individualmente e in team.

Alla luce di quanto descritto, l'educatore ideale non vanta soltanto competenze, ma prova un vero amore per la vita, per l'umanità stessa e per il mondo dell'infanzia, in grado di superare qualsiasi difficoltà. Solo in questo modo può agevolare la naturale e spontanea propensione a imparare.

 

Malaguzzi e i 100 linguaggi

Secondo l'educatore, logica e creatività, pensiero e azione, lavoro e svago, realtà e fantasia non sono separati né soggetti a mutua esclusione: lo diventano da adulti, con l'introduzione di stereotipi e credenze. A dimostrarcelo sono proprio i bambini che, non avendo ancora padronanza di un linguaggio codificato, possono usarne moltissimi simultaneamente e combinarli in maniera originale, al di fuori di regole ferree.

I 100 linguaggi, quindi, rappresentano le risorse innate del fanciullo, sempre in divenire e da riscoprire, ogni volta con qualche sfaccettatura nuova. Naturalmente il discorso non si limita alla comunicazione verbale, ma si estende a quella para-verbale e non verbale.

 

Il concetto di atelier

I cento linguaggi trovano manifestazione nei momenti di distacco dall'apprendimento vero e proprio. Come un testo musicale ha le sue pause per risultare gradevole, così la costruzione dell'intelligenza e l'evoluzione del bambino trovano terreno fertile nell'atelier.

Questo è il cuore dell'approccio di Malaguzzi: grazie alla presenza di un docente di formazione artistica (l'atelierista), gli allievi potranno liberare la propria creatività e "pensare con le mani". Sporcandosi le mani, disegnando, lavorando la creta e ponendosi domande, i piccoli si prepareranno al gradino successivo.

 

Opere e materiale informativo su Loris Malaguzzi

Malaguzzi non ha pubblicato saggi scritti di proprio pugno sul suo approccio: il libro "Esperienze per una nuova scuola per l'infanzia" del 1971 (Editori Riuniti) è tratto dagli atti del seminario tenutosi nello stesso anno a Reggio Emilia, tra il 18 e il 20 marzo.

Testimonianze del lavoro dell'educatore sono il Centro Internazionale a lui dedicato (fondato nel 1994, poco dopo la morte) e numerose fonti informative, in molti casi nemmeno diffuse tramite i canali ufficiali.

Tra il materiale accreditato ricordiamo estratti da convegni, interviste televisive e su carta stampata. Le uniche opere d'autore, infine, sono la fiaba "Volpino, l'ultimo ladro di galline", alcune lettere e raccolte, divulgate postume.