Le competenze del pedagogista a scuola

01 settembre 2021 5 minuti
OCCHIO ALLE ISTITUZIONI

Il pedagogista che opera nell’ambito scolastico è una figura professionale dalle mille sfaccettature che opera nel mondo dell’educazione, della formazione e di tutti i bisogni che ruotano intorno ai bambini e agli adolescenti. Non si tratta di competenze univoche ma di ruoli flessibili e pluridirezionali che operano in modo concreto nella sfera educativa del giovane, migliorando la qualità della loro vita. Il termine pedagogista, infatti, può essere tradotto dal greco con "persona che guida il fanciullo" e anche se normalmente questo professionista si occupa di tutte le fasi della vita e dunque anche dell’anziano, all’interno della scuola lavora esclusivamente con le problematiche giovanili.

 

Dotato di laurea magistrale in pedagogia ricompresa nelle classi LM85, LM50, LM57, LM93 e tra quelle contemplate dalla legge 205/2017 articolo 1 comma 595, il pedagogista è in grado di far fronte a tutte quelle situazioni di disagio educativo e formativo dell’età evolutiva, avvicinandosi per alcuni versi alla figura dell'insegnante e dello psicologo. In una società come la nostra, dove emergono continue problematiche educative, costruttive e formative legate a disagi di natura cognitiva, familiare, culturale ed etnica, il ruolo del pedagogista è quello di organizzare attività pedagogiche ed educative che potenziano le capacità di ragazzi e bambini.

Si tratta di attività che mirano a ripianare difficoltà scolastiche come quelle che riguardano la scrittura, la lettura, la memorizzazione, il calcolo e l’autonomia. Ma non solo, l’aiuto che arriva da questo professionista si spinge fino al sostegno dei giovani con bisogni educativi speciali come l’ADHD, DSA, la sindrome di down, l’autismo e altre patologie di questo tipo. In questi casi, il pedagogista deve sperimentare tutte quelle strategie che si adattano al livello di competenze e apprendimento dell’alunno, al fine di raggiungere il risultato massimo in base alla situazione specifica.

 

La pedagogia come pratica educativa all’interno della scuola

Secondo la Dichiarazione di Maastricht sull’Educazione Globale emanata nel 2002, l’Educazione Globale deve aprire le menti e gli occhi di tutte le persone sulla realtà mondiale, risvegliando le coscienze e spingendole a creare una società dove regni equità, giustizia e riconoscimento dei diritti umani non solo per alcune categorie di persone ma per tutti. Prendendo le mosse da questa idea di Educazione Globale, la scuola diventa terreno fertile per l’uguaglianza tra tutti i giovani, partendo proprio dalla scuola: parliamo di intercultura, educazione allo sviluppo, parità dei diritti, opportunità e competenze per ogni bambino anche quando si trova in difficoltà e presenta gravi problemi cognitivi. Un aiuto che non può essere richiesto solo al corpo docenti ma a figure professionali specifiche, dotate di competenze esclusive e di speciali attitudini all’educazione, alla formazione e all’aiuto umano. In questa prospettiva, possiamo affermare, che nessuna professione è più vicina all’insegnamento come la pedagogia, dal momento che essa non mira a comunicare una tecnica ma coinvolge l’intero pensiero dell’alunno: i suoi meccanismi di pensiero e di sviluppo cognitivo. Il pedagogista ricerca precisi obiettivi da raggiungere nel percorso educativo, mira alla chiarezza teleologica, propone una spinta di valori e uno slancio assiologico, potenziando l’approccio educativo.

 

Il pedagogista come combinazione di pratica e teoria

Si parla di competenze multiple del pedagogista perché egli non si focalizza sullo strumento metodologico, che varia in base alla situazione specifica, ma sulla sua modalità di utilizzo che deve accompagnare il percorso di studio stabilito. Facciamo un esempio: se il professionista lavora all’interno della scuola primaria dovrà gioco forza utilizzare alcuni strumenti indispensabili come la carta e la matita, aggiungendo con il tempo anche altri attrezzi adeguati agli obiettivi. Così come la scelta di esercizi che favoriscono il coordinamento motorio e la manualità, ricordando che lo strumento è un semplice mezzo e ciò che conta è solo il risultato da ottenere. Quando l’istituto è dotato di laboratori attrezzati, può essere di grande aiuto il ricorso alla LIM, la lavagna elettronica che coadiuva la didattica attraverso la visione di contenuti audiovisivi. Ma se non è possibile ricorrere a tali strumenti, anche la classica lavagna può essere di grande aiuto perché consente di lavorare attraverso l’esempio maestro-alunno. Ciò significa che il bambino imparerà a scrivere imitando i movimenti del suo insegnante, sviluppando quelle naturali dinamiche dell’apprendimento. Se, invece, si lavora con i ragazzi più grandi, è necessario offrire strumenti tecnologici variegati che gli alunni utilizzano già nella vita quotidiana, ma in modo diverso: parliamo di cellulari e PC che possono trasformarsi videocamere e microfoni per simulare centri di montaggio audiovisivo o stazioni radiofoniche. In questo lavoro, infatti, la creatività gioca un ruolo fondamentale perché è in grado di trasformare la tecnologia disponibile in strumento educativo. In caso contrario, quando cioè si vuole imitare l’utilizzo di pc, smartphone e tablet all’impiego usuale che viene fatto quotidianamente, si conduce la didattica verso la morte definitiva e il fallimento del docente. Il lavoro del pedagogista, in questa direzione, può rivelarsi molto complesso, per questo è necessario molto studio per poterlo esercitare: conoscenza delle teorie più accreditate nel mondo dell’educazione e della formazione giovanile, l’esperienza dei grandi maestri e le indagini campione effettuate negli istituti di tutto il mondo. Tesi talvolta contrapposte che solo l’esperienza può avvalorare e consolidare, proprio per questo è necessario combinare uno studio serrato e costante con l’esperienza diretta sul campo. Il confronto con i giovani, il contatto con le più disparate problematiche da affrontare e la capacità di fronteggiare qualsiasi contesto educativo sono le vere armi del pedagogista ed è ciò che dà senso al suo intenso studio.

 

Le sfide del pedagogista nella scuola italiana dell’ultimo decennio

La scuola italiana è sempre più cosciente del ruolo rilevante che può svolgere il pedagogista e dell’aiuto che può dare agli studenti con problemi di formazione ed educazione. L’esperienza degli ultimi anni ha consolidato l’idea che una figura del genere deve ottenere sempre più spazio anche al di fuori delle classi, come nei laboratori, nelle colonie, nei centri estivi e in tutti gli ambienti dove si sviluppano programmi educativi: ovunque si trovino giovani con handicap o con problemi dell’apprendimento più o meno gravi. Una delle sfide maggiori del pedagogista, oggi, è l’inserimento delle lingue straniere come materia obbligatoria anche nella scuola primaria. Senza entrare nel merito della questione e sulla necessità di estendere a tutte le scuole l’insegnamento di questa materia, il problema che spesso viene in rilievo è l’approccio dell’inglese agli alunni colpiti da DSA. Se da un lato, infatti, la conoscenza della lingua inglese è diventata di primaria importanza, dall’altro emerge la difficoltà di insegnarla a tutti quei bambini che accedono alla scuola primaria con deficit enormi di diversa natura. Un problema che causa, secondo l'esperienza di tanti pedagogisti e in base alla logica dei progressi e dei risultati, grossi ritardi e la capitalizzazione di profonde lacune che si protraggono fino alla scuola superiore. Non possiamo trascurare, infatti, che per questi ragazzi è già difficile imparare la lingua madre in modo compiuto e spesso i risultati ottenuti sono superficiali e provvisori nonostante il massimo impegno. In questa direzione, il tempo per insegnare una o due lingue straniere diventa un lavoro estenuante e spesso senza grandi risultati. Inoltre, il pedagogista che affianca i docenti deve sacrificare tempo prezioso per attività secondarie che richiedono tantissimo esercizio e pratica, investendo energie proprie e dell’alunno che potrebbe sfruttare per altro. Se consideriamo i ragazzi dislessici e il percorso che fanno con il loro accompagnatore, inoltre, potremo notare la mole di esercitazioni che svolgono per ogni materia acquisendo con grande sacrificio un metodo e un equilibrio che possono essere smontati con l’introduzione di una lingua diversa. Lacune che si aggiungono a gap educativi difficili da recuperare e risanare nel tempo, diventando montagne insormontabili una volta arrivati alle scuole superiori. Si tratta di un esempio chiaro che mostra il lavoro talvolta complesso del pedagogista che ogni giorno si trova davanti alla sfida educativa e formativa di ragazzi che necessitano di sostegno costante per superare limiti e difficoltà variabili.