DSA e BES: quali sono le differenze e che cosa prevede la normativa scolastica a riguardo

08 agosto 2022 4 minuti
DIDATTICA INNOVATIVA

Come ben sappiamo, la didattica è fatta anche di acronimi e tra questi ne figurano due di grande attualità: BES e DSA. Il secondo rappresenta un caso particolare del primo, ma spesso nemmeno gli addetti ai lavori riescono a coglierne le differenze. Noi di Scuola.net abbiamo deciso di andare a fondo e fare chiarezza sul tema; in questo modo, cercheremo di farvi capire quali situazioni rientrino nell'una e nell'altra casistica, per agire di conseguenza.

 

DSA e BES sono la stessa cosa?

La risposta è, ovviamente, negativa: la sigla DSA sta per disturbi specifici dell'apprendimento, mentre BES per bisogni educativi speciali. Questi ultimi, quindi, si riferiscono a una panoramica più ampia e generale, di cui le problematiche legate agli apprendimenti sono un sottogruppo.

 

Disturbi specifici dell'apprendimento, quali sono?

Nella categoria rientrano tutti i disagi contemplati dalla Legge 170 dell'8 ottobre 2010, vale a dire discalculia, dislessia, disortografia e disgrafia in forma lieve, moderata o grave. Al rilevamento dei DSA provvedono le équipe dei centri clinici specializzati sul campo, previo colloquio con i genitori e valutazione su un test sul quoziente intellettivo. Quest'ultimo è fondamentale per definire correttamente la casistica: nei disturbi dell'apprendimento, infatti, rientrano soltanto i soggetti con QI nella fascia media.

 

BES, un panorama quanto mai variegato

Bisogni educativi speciali è un'espressione abbastanza generica, che include molte realtà; esistono parecchi motivi per cui un bambino o un ragazzo necessiti di una didattica su misura, con l'applicazione di metodi a elevata specificità o alternativi a quelli usuali. Il tutto può avvenire in maniera transitoria o per periodi prolungati, a seconda dei disagi da superare e di quanto l'allievo è collaborativo. Basti pensare, per esempio, a un bambino appena arrivato da un'altra nazione che non sa parlare la nostra lingua, oppure a un ragazzo con difficoltà motorie. Oltre ai DSA, nei BES rientrano altre situazioni di frequente riscontro, riportate nel seguente elenco e riconosciute dalle normative attualmente in vigore:

  • DES
  • APC 
  • soggetti con difficoltà psichiche e fisiche 
  • situazioni di oggettivo svantaggio 
  • allievi con disabilità.

In alcuni casi, gli insegnanti provvederanno all'elaborazione del PEI (piano educativo personalizzato), mentre in altri manterranno il PDP (piano didattico personalizzato) di base adeguando le metodologie ai casi specifici. A prescindere dalla tipologia di documento, tali programmi dovranno esaltare i punti di forza dell'alunno con fragilità.

 

DES

L'acronimo sta per disturbi evolutivi specifici e vi rientrano parte dei disagi non inclusi nella Legge 104 del 5 febbraio 1992, che sancisce i diritti delle persone portatrici di handicap. A titolo esemplificativo ricordiamo, oltre ai già citati DSA, le sotto-categorie più importanti:

  • DSL, vale a dire i disturbi specifici del linguaggio
  • deficit delle attività non verbali, di linguaggio, di coordinazione motoria
  • ADHD o DDAI, ossia il disturbo da deficit di attenzione-iperattività. In questi casi, la difficoltà maggiore risiede del portare a conclusione le attività, siano esse in classe o a casa.

 

APC

Passiamo ad un'altra categoria, quella degli alunni ad alto potenziale cognitivo. Si tratta di bambini o ragazzi superdotati e precoci, con quoziente intellettivo al di sopra della media (pari almeno a 125-130), particolarmente brillanti in alcune discipline. Tuttavia, se i problemi sul rendimento sono praticamente assenti, non ne mancano sul fronte dei rapporti interpersonali: le loro maggiori difficoltà stanno nell'integrarsi con il resto della classe, perché tendono a isolarsi o vengono emarginati dai compagni. Talvolta, gli studenti APC nascondono il loro potenziale e si mostrano distratti o inquieti; pertanto vengono scambiati per soggetti iperattivi e non sempre le loro doti emergono con risultati brillanti a scuola.

 

Scolari con difficoltà psichiche e fisiche

In questo caso, i bisogni possono essere di natura temporanea o definitiva. Può trattarsi di uno shock dovuto alla morte improvvisa di una figura di riferimento, un incidente o di altri eventi spiacevoli. Sarà cura di voi docenti e degli organi collegiali fare le dovute valutazioni anno per anno.

 

Situazioni di oggettivo svantaggio

Anche queste sono, il più delle volte, provvisorie, ma non mancano casi che necessitano di soluzioni mirate per tutto il ciclo di studi, al fine di ridurre al minimo la dispersione scolastica. Lo svantaggio può essere di ordine:

  • linguistico
  • socio-economico
  • culturale.

Nella prima sotto-categoria rientrano bambini e ragazzi provenienti da Paesi stranieri e totalmente privi delle più elementari conoscenze di italiano; la loro difficoltà più grande è, quindi, quella di comunicare con insegnanti e compagni. Per favorirne l'integrazione, dovete stimolare gli alunni all'apprendimento della nostra lingua in modo divertente, persuasivo e, allo stesso tempo, senza forzature. Lo stesso dicasi per gli allievi bilingue che, però, continuano a parlare nel loro idioma originario. Il secondo sotto-gruppo comprende gli studenti in condizioni disagiate e in ristrettezze economiche; bambini e ragazzi delegati a tutori, con genitori disoccupati o assenti, spesso a contatto con autorità, Sert, assistenti sociali e quant'altro rientrano in tale casistica. Della terza categoria fanno parte quei bimbi o ragazzini che, per questioni legate alla loro provenienza o religione, hanno appreso abitudini e costumi differenti da quelli della maggioranza della popolazione. A voi docenti spetta il compito di favorire una pacifica convivenza (e, per quanto possibile, condivisione) tra due o più culture differenti.

 

Allievi con disabilità

In questo caso, l'handicap è certificato in linea con la Legge 104 del 5 febbraio 1992, nello specifico dall'articolo 12 al 17 della normativa. Una volta riconosciuto e verificato lo stato di disabilità dell'allievo (rigorosamente da un'équipe appartenente al Servizio Sanitario Nazionale) e prodotti i relativi attestati, la scuola farà di tutto per favorire l'integrazione dello studente. Avverrà l'assegnazione di un insegnante di sostegno, solitamente nominato dal capo d'istituto in base alle risorse disponibili e a eventuali graduatorie interne. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il GLO (gruppo operativo per l'inclusione) provvederà all'elaborazione del PEI. A questo organo collegiale appartengono:

  • tutti i docenti della classe di riferimento
  • genitori o tutore
  • rappresentante ASL
  • specialisti e figure professionali interne ed esterne all'istituto
  • l'alunno
  • un rappresentante nominato dal preside.

La compilazione e l'invio del piano educativo individualizzato avviene per via telematica mediante piattaforma SIDI (sistema informativo dell'istruzione) e dopo aver preso visione di eventuali aggiornamenti ai dati ANS (anagrafe nazionale degli studenti). Il documento deve riportare anche le firme dei genitori.

 

DSA e BES, le leggi di riferimento

Oltre alla famigerata Legge 104 del 1992, i disturbi specifici dell'apprendimento e i bisogni educativi speciali sono regolamentati da diverse fonti del diritto. La prima normativa a parlare di personalizzazione dei piani educativi è la Legge 53 del 28 marzo 2003. La Legge 170 del 2010, invece, definisce le DSA e sancisce le modalità di integrazione per gli studenti con questo tipo di fragilità. Un ulteriore passo avanti è avvenuto grazie alla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012; quest'ultima copre le lacune della Legge 104 e definisce le categorie che, pur non rientrando nelle certificazioni per la disabilità, necessitano di interventi mirati. Infine, non possiamo dimenticare la Circolare Ministeriale 8 del MIUR, risalente al 2013. Il testo mette in risalto la necessità di diversificare gli apprendimenti e la molteplicità dei bisogni educativi speciali, in verità tanti quanti sono gli studenti.