La scuola è donna
La scuola è donna. Nel senso che la stragrande maggioranza di chi insegna lo è. Si tratta di una situazione molto evidente per chi lavora in ambito scolastico, ma fa impressione leggere le ultime rilevazioni registrate sul Portale dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito per l’anno scolastico 2022/2023.
Secondo questi dati, le donne sono circa l’83% del personale docente nelle scuole italiane di ogni ordine e grado e continuano ad aumentare: dieci anni fa questa percentuale era l’80,6%.
Quasi solo maestre…
Quanto più si sale nei gradi di istruzione, però, tanto più cresce la presenza maschile. Nella scuola dell'infanzia, infatti, le maestre sono il 99,4%, mentre nella scuola primaria sono circa il 96%. Nella scuola secondaria di primo grado la percentuale scende al 77%, per poi ridursi ulteriormente al 66% nella scuola secondaria di secondo grado.
A livello territoriale, la Regione che ha il più alto tasso di femminilizzazione è il Lazio con l’84.8% di docenti donne.
… ma tanti dirigenti scolastici
Il discorso cambia se si guarda alle figure dirigenziali, dove dominano gli uomini rispetto alla loro rappresentanza tra i docenti. Per esempio: il 23% degli insegnanti di scuola secondaria di primo grado è rappresentato da uomini, ma il 45% dei dirigenti scolastici è di sesso maschile.
Una questione globale
Secondo dati Eurostat, l’Italia è prima per il numero di donne che occupano un posto in cattedra nei territori dell’Europa Occidentale. La superano alcuni Paesi dell’Europa dell’est: Lettonia, Lituania, Bulgaria, Repubblica Ceca e Slovacca, Romania, Ungheria. Va detto però che la femminilizzazione del corpo docente è diffusa a livello globale.
Perché?
Diversi studi hanno analizzato le cause di questa marcata femminilizzazione generalizzata:
- l'insegnamento, soprattutto nei gradi inferiori, è considerato una professione "di cura", associata culturalmente al ruolo femminile;
- l'orario di lavoro di chi insegna favorisce la conciliazione con gli impegni familiari, ancora prevalentemente a carico delle donne in Italia;
- la relativa stabilità del posto di lavoro, soprattutto nel settore pubblico, compensa retribuzioni inferiori rispetto ad altri settori professionali;
- le donne sono ancora più numerose nei percorsi universitari umanistici e pedagogici, che costituiscono il bacino principale di reclutamento per l'insegnamento.
Le implicazioni per la qualità dell'insegnamento
Una ricerca della Commissione Europea del 2023 ha analizzato le implicazioni della squilibrata composizione di genere sulla qualità dell'insegnamento. Non emergono differenze significative, ma alcuni studi suggeriscono per esempio che:
- una maggiore diversità di genere nel corpo docente potrebbe offrire a studentesse e studenti una più ampia gamma di modelli di ruolo e di stili di insegnamento;
- la predominanza femminile tra gli insegnanti contribuisce a perpetuare stereotipi di genere nelle scelte professionali delle nuove generazioni.
Diverse iniziative a livello europeo mirano a promuovere un maggiore equilibrio di genere nella professione docente. E in Italia, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) include tra i suoi obiettivi il riequilibrio di genere in vari settori, compreso quello educativo, ma le misure specifiche sono ancora limitate.
Basta saperlo?
Quanto a noi insegnanti, comprendere queste dinamiche significa poter riflettere criticamente sul nostro ruolo all'interno di un sistema caratterizzato da forti squilibri di genere. È un’occasione in più per riconoscere l'importanza di promuovere una maggiore diversità non solo come questione di equità, ma anche come fattore potenzialmente rilevante per la qualità dell'insegnamento e per il futuro delle nuove generazioni.