Cos'è il Design Thinking? Scopri come usarlo in classe

18 ottobre 2023 5 minuti
DIDATTICA INNOVATIVA

Da qualche anno si sente parlare di Design Thinking come metodo di lavoro applicabile anche al mondo della scuola. Si tratta di una metodologia che richiede un modus pensandi peculiare, simile a quella dei designer che progettano e creano servizi o articoli destinati a una specifica categoria di utenti. Pensiamo, ad esempio, all’interior designer per ambienti professionali che prima di realizzare un progetto per i clienti deve capire i loro gusti, il tipo di ambiente e l’utenza che lo utilizzerà. Allo stesso modo gli insegnanti permettono agli studenti, attraverso il Design Thinking, di implementare alcune capacità come quella di dare vita a idee nuove, fare squadra o aumentare l’empatia attraverso la cooperazione con il gruppo. Nel mondo esistono già due scuole che adottano con successo questo metodo: la D-School dell’Hasso Plattner Institute situata in Germania, a Potsdam e la D-School californiana, a Silicon Valley, conosciuta come Stanford University che ci danno importanti indicazioni in merito.

 

Empatia e Design Thinking: ecco come costruire idee e ponti con gli altri

Il vantaggio principale che è possibile conseguire con il Design Thinking è lo sviluppo dell’empatia, un’emozione che permette di comprendere meglio le persone, ciò a cui tengono e a cosa danno valore. Generalmente il progetto inizia con la formazione di un gruppo nel quale uno dei componenti espone un’idea e la argomenta, un altro ci lavora con l’immaginazione e trae qualche spunto e un altro, ancora, elabora il progetto da realizzare. In questo modo è possibile ottenere un ottimo progetto con la collaborazione di tutti, un format innovativo impossibile da realizzare singolarmente. Nata negli Stati Uniti d’America, la Design Thinking è stata oggetto di studio da parte del professor David Kelley, docente alla Stanford University e fondatore della società Design IDEO. Secondo lo studioso, questo innovativo metodo consentirebbe di sviluppare alcune importanti attitudini come la collaborazione, la multidisciplinarietà, lo sviluppo di wild ideas, maggiore creatività e un approccio centrato sull’essere umano. In questo modo, secondo la teoria in oggetto, sarebbe possibile superare i blocchi e i limiti dello studio, per un nuovo metodo didattico. Quello del Design Thinking è un metodo utilizzabile non solo nel settore economico, e cioè nelle aziende o negli studi professionali, ma anche tra i banchi di scuola. Rispetto all’introduzione del Design Thinking a scuola sono intervenuti diversi personaggi che hanno approfondito il tema, elaborando teorie proprie, più o meno a favore della sua introduzione in classe. Ricordiamo, in particolare, lo studio elaborato dalla vicepresidente dell’ANDS (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici), Lidia Cianfriglia, nonché responsabile dell’Innovative Design dei Processi Educativi Scolastici, un progetto che mira a evidenziare i nuovi metodi da applicare alla didattica. Secondo Cianfriglia il Design Thinking è un modo nuovo per proporre la didattica ai ragazzi che parte dallo sguardo attento dell’insegnante verso i bisogni sempre mutevoli dei giovani. Se ciò è vero, è anche necessario predisporre gli strumenti giusti per dare esecuzione al progetto, uscendo dall’estemporaneità per raggiungere una trasformazione stabile del metodo didattico.

 

Quali sono le fasi del Design Thinking

Chiamato anche Design Partecipativo, questa forma di didattica innovativa si snoda in sei diversi passaggi: identifica l’opportunità, progetta, sviluppa il prototipo, lo confronta con il gruppo, lo emenda ove necessario, e infine, lo presenta al pubblico. L’adozione di questo metodo tra i banchi è finalizzata a superare un tipo di scuola trasmissiva e riempitiva, dando vita a progetti coinvolgenti che appassionano, motivano gli studenti e li guidano verso la scoperta delle loro capacità. Passiamo ora in rassegna le sei fasi, entrando nel dettaglio di ciascuna.

 

 

1. Genesi delle idee e identificazione dell’opportunità

In questa prima fase, che si svolge direttamente in aula, alunni e docenti si dividono in squadre multidisciplinari, ciascuna delle quali individua una problematica specifica e attuale che riguarda l’istituto scolastico. Parliamo di questioni legate alla sensibilizzazione della questione ambientale, la raccolta di fondi per finanziare piccole attività, il giornale della scuola o l’inclusione di alunni con disabilità. Una volta identificata la questione da trattare si procede a eseguire un esercizio: quello che era una minaccia fino a ieri, oggi diventa un’opportunità reale per risolvere il problema. A questo punto sia i gruppi di educatori, sia i genitori che la comunità scolastica presente condivide le proprie idee sull’argomento, espone le opportunità sulla questione e pone delle domande. Più numerose saranno le domande che gli studenti porranno agli interlocutori, più entreranno nel perfetto ruolo di thinker design. Questo perché il Design Thinking si fonda sulla capacità di sviluppare idee, di essere intuitivi e di riconoscere un modello significativo sia dal punto di vista funzionale che emozionale. Tutto valorizzato da un lavoro di gruppo che dà vita a una potente combinazione di business, tecnologia e human values.

 

 

2. Nascita del progetto

"Ogni idea è giusta": questo è il leitmotiv della seconda fase del Design Thinking. Iniziando da questo assunto, ogni alunno scrive su un post-it di diverso colore la propria idea in totale libertà e lo attacca alla lavagna affinché tutti possano leggere e scambiarsi idee. Questo step è di primaria importanza per maturare la migliore soluzione, che sia però condivisa e partecipata da tutti. Si tratta di una fase che evidenzia anche l’aspetto ludico del processo e implementa la percezione, da parte del gruppo, che la risoluzione è vicina ed è frutto di un lavoro di gruppo.

 

 

3. La visualizzazione del prototipo di soluzione

Conclusa la fase dello sketching, si passa a quella della visualizzazione delle soluzioni. Questo significa che i thinkers testano intese ed elaborano prototipi che servono a verificare la validità del servizio, il prodotto o l’idea, con le sue sfumature e le relative problematiche. Pensare alla risoluzione della questione in modo pratico, con le ricadute che potrebbe avere consente di comprendere anche i suoi aspetti negativi e l’eventuale fallimento che ne deriverebbe. In questo modo il gruppo non si illude sulla perfezione della sua idea ma è pronto alle critiche, riconosce i punti da migliorare e ha coscienza delle incertezze che presenta. Ciò significa anche che è pronto a non abbattersi di fronte a eventuali feedback negativi mostrati dagli altri gruppi.

 

 

4. Momento del confronto

Nella quarta fase i Thinkers ricevono un feedback del loro progetto dagli insegnanti, dirigenti scolastici, genitori e dalle altre parti dopo aver testato il progetto. Ovviamente sarà valutato ogni aspetto prima di dare un giudizio: dalla sua utilità alla possibilità di usufruirne fino a eventuali miglioramenti.

 

 

5. Perfezionamento

Dopo il confronto e le richieste di emendamento, i ragazzi vengono guidati dal loro coach a migliorare il progetto modificandolo: in questo modo viene reso più consono all’utenza e all’utilizzo per il quale è stato progettato, e solo nel momento in cui è implementato viene anche "lanciato sul mercato".

 

 

6. Presentazione definitiva da parte del pitch

Nell’ultima fase la squadra presenta il progetto al pubblico attraverso il proprio pitch. Si tratta della persona riconosciuta come la più adatta a rappresentare l'idea, quella con maggiore empatia e capacità comunicativa, con una chiara propensione alla relazionalità e in grado di convincere gli interlocutori della bontà del proprio prodotto. La presentazione non deve essere lunga, ma allo stesso tempo richiede esaustività e quindi una trattazione dei punti principali. Nel mondo del business questa fase ha come finalità quella del finanziamento del progetto e della relativa immissione sul mercato. Nella scuola, invece, il pitch dovrà convincere gli interlocutori a utilizzare concretamente il progetto nell’istituto, chiedendo eventualmente alla dirigente anche i fondi per attuarlo.

 

Design Thinking e implicazioni sulla classe

Oltre a essere un valido strumento per la crescita di un gruppo, il Design Thinking consente di valorizzare le attitudini del singolo che trova il suo posto nel team. Molti grandi sociologi ritengono che questo metodo sia un importante catalizzatore per l’innovazione tecnologica, commerciale e sociale. Il lavoro di gruppo, quando si svolge nell’ottica della relazione, del confronto e della dinamicità conduce al breakthroughs e cioè alla rottura di schemi obsoleti e inadatti, verso idee nuove e più consone al contesto.

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